L’anno coreano ha 24 stagioni?!

Non avete letto male, in Corea ci sono 24 stagioni in un anno, per davvero! Abbiamo già visto in questo articolo come tradizionalmente in Corea venga utilizzato il cosiddetto calendario lunisolare. Diffuso anche in Cina, Giappone ed altri paesi asiatici, è questo a suddividere l’anno in 24 stagioni, o meglio sotto-stagioni. Le quattro “classiche” stagioni che conosciamo anche noi infatti sono comunque presenti. La differenza con il nostro sistema è che queste vengono suddivise in altre sei, ognuna della durata di 15 giorni. Al contrario di quanto accade in occidente quindi, tradizionalmente la vita in una grossa parte del continente asiatico non era scandita da periodi di 7 giorni.

Tornando alle nostre 24 stagioni, ognuna di esse porta un nome legato alla natura e ai suoi mutamenti tipici del periodo che rappresenta. Come si noterà l’anno comincia con la primavera (nei primi giorni di febbraio), periodi di rinascita e di nuovi inizi. Qui sotto vi riportiamo un elenco di tale divisione. Vi preghiamo di fare attenzione al fatto che le date riportate variano ogni anno di qualche giorno:

Su questa divisione dell’anno si sono basate molte attività tradizionali. In occasione dell’inizio di primavera (ipchun, 입춘), per esempio, si scrive su fogli poi appesi alle porte d’ingresso delle abitazioni la frase “입춘대길” (ipchundeghil) in caratteri cinesi, che significa “Propizio inizio di primavera”. Questa pratica ha lo scopo di portare fortuna agli abitanti nell’anno che sta per iniziare.

Durante il periodo di kyeongchip (경칩), il risveglio dopo l’inverno, tradizionalmente si costruivano nuovi edifici e si rafforzavano con nuovo fango le pareti di quelli già esistenti. Inoltre, in questo periodo gli indovini predivano se il raccolto di quell’anno sarebbe stato florido o meno.

Durante il solstizio d’inverno (dongji, 동지), ovvero quando la notte è più lunga, ancora oggi si consuma zuppa di fagioli rossi (patjuk, 팥죽). Si crede infatti che in una tale notte gli spiriti possano uscire dai luoghi in cui riposano e infestare il nostro mondo. Per contrastarli viene utilizzato in diverse occasioni il colore rosso, e questa non fa eccezione. Oggi non è più in uso, ma tradizionalmente si spalmava la zuppa di fagioli rossi anche sulle pareti delle abitazioni.

Zuppa di fagioli rossi consumata durante il solstizio d’inverno.

Queste sono solo alcune delle numerose pratiche propiziatorie portate avanti dai coreani, popolo fortemente superstizioso. Qui ci siamo soffermati solo su quelli relativi alle sopracitate stagioni, avremo modo di approfondirne altre in futuri articoli.

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Fonti e approfondimenti:

  • Practical Korean, Cho Hangrok, Lee Sook, Darakwon, 2014.
  • Solar term.

Taegukgi (태극기) – La bandiera della Corea

Taegukgi (태극기)

Oggi parliamo di uno dei simboli più conosciuti della Repubblica di Corea, ovvero la sua bandiera: la Taegukgi (태극기). Il bisogno di creare una bandiera nazionale seguendo la scia dei cosiddetti stati moderni avvenne, per ordine del re Gojong, nel 1882 in seguito alla ratifica del trattato Stati Uniti-Corea. Nonostante la fosse già pronta e utilizzata già dalla fine dello stesso anno, la Taegukgi venne promulgata bandiera ufficiale della Corea il 6 marzo del 1883. A causa della mancanza di precise linee guida, questa fu rappresentata negli anni in modi molto diversi da parte della popolazione, nonostante gli sforzi da parte dei governi furono numerosi. Fu così che nel gennaio del 1949 si stabilì un Comitato per la Correzione della Bandiera Nazionale che stilò precisi parametri necessari alla rappresentazione della Taegukgi per il successivo ottobre. Da allora questa ha subito solo piccole modifiche, principalmente nei colori utilizzati. Qui di seguito possiamo osservare alcune delle molte versioni utilizzate prima del 1949.

Probabilmente molti saranno curiosi del significato della particolare forma della bandiera coreana. La base da cui si è partiti per idearla deriva dal Libro dei Mutamenti, anche conosciuto come Yìjīng (易經), primo testo dei grandi classici cinesi, trattante la divinazione. Qui vengono associati dei trigrammi a diversi significati, abbinati poi al celebre simbolo del taijitu (太極圖), utilizzato nel taoismo e nel confucianesimo, in cui yin e yang si incontrano (immagine a lato).

Partendo da ciò quindi possiamo osservare l’attuale bandiera. Qui abbiamo uno sfondo bianco a significare luminosità, purezza e pace. Al centro troviamo il taeguk (태극, versione coreana del taijitu sopracitato), in posizione orizzontale. In questo la parte rossa, simboleggiante lo yang, rappresenta le forze cosmiche positive, mentre la parte blu, ovvero lo yin, quelle negative. I quattro trigrammi invece simboleggiano ognuno uno dei quattro elementi frutto del movimento e dell’armonia di queste forze: cielo, terra, acqua, fuoco. Si dice che la Taegukgi rappresenti lo spirito coreano di continua ricerca di creazione e arricchimento. Si può notare come i colori utilizzati facciano parte dell’obangsaek (오방색), che abbiamo trattato in questo articolo.

Gli elementi della Taegukgi.

Nel parlare della bandiera della Repubblica di Corea sembra necessario fare un breve accenno anche sulla bandiera dell’unificazione coreana. In questa possiamo osservare l’intera penisola in colore azzurro, includendo anche le isole di Jeju, Ulleungdo e le Rocce di Liancourt. Fu utilizzata per la prima volta nel 1991, ai campionati mondiali di ping pong a Chiba in Giappone e da allora è stata sventolata più volte in occasione di numerose manifestazioni sportive, durante le quali gli sportivi delle due Coree hanno sfilato fianco a fianco.

Bandiera dall’unificazione coreana.

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Fonti e approfondimenti:

Arirang (아리랑) – il canto della Corea

Arirang (아리랑) è la canzone folcloristica coreana più famosa in tutto il mondo, tanto da essere considerata al pari di un inno nazionale. Si stima che ne esistano dalle 3000 alle 4000 varianti, ognuna proveniente da una regione diversa del paese. Il canto dell’Arirang unisce tutto il popolo coreano, affondando le proprie radici a ben prima della divisione della penisola. Entrambe le Coree hanno infatti richiesto ed ottenuto il riconoscimento di inserire la canzone tra i “Patrimoni orali e immateriali dell’umanità” dell’UNESCO.

La parola “arirang” (아리랑) non ha un significato preciso, nonostante le molte speculazioni sulla sua origine, nessuna è riuscita a chiarirne la provenienza. Si dice che questa parola possa essere considerata il riassunto di tutti i sentimenti coreani. Per quel che riguarda il testo della canzone, abbiamo il tipico ritornello presente in ogni versione: “Arirang, arirang, arariyo (아리랑, 아리랑, 아라리요)“, mentre il resto della canzone tende a modificarsi nelle diverse varianti. I temi trattati sono quelli della separazione, del dolore, della riconciliazione e dell’amore.

Regioni di provenienza delle tre versioni più famose di Arirang.

La variante più diffusa in Corea del Sud dal ventesimo secolo ad oggi è quella detta di Seul o di Gyeongi (gyeongi arirang, 경기아리랑). Le altre tre versioni più conosciute sono la Jindo Arirang (진도 아리랑), Jeongseon Arirang (정선 아리랑) e Millyang Arirang (밀량 아리랑), ognuna nominata secondo la regione di provenienza (visibili nella cartina). Vi invitiamo a guardarne alcune performance:

Il canto dell’Arirang è presentato orgogliosamente dal popolo coreano come un proprio biglietto da vista verso il mondo. Non è un caso che il Ministero della cultura, dello sport e del turismo abbia deciso di chiamare Arirang TV e Arirang Radio il canale televisivo e l’emittente radio governativi in lingua inglese trasmessi in 105 diversi paesi, considerati parte indispensabile della diffusione della cultura coreana nel mondo. Anche in occasioni meno ufficiali ciò non viene smentito. Infatti al KCON 2016 (più grande festival di musica k-pop fuori dalla Corea) tenutosi a Parigi, il gruppo k-pop più famoso al mondo, i BTS, si sono esibiti in una versione medley delle varianti dell’Arirang sopra descritte, aggiungendovi anche una propria originale interpretazione (performance visibile qui).

Coreografie durante il Festival di Arirang a Pyeongyang (Corea del Nord). Sullo sfondo si può leggere la parola “arirang” (아리랑).

Come già detto, questo canto è parte integrante della cultura coreana da molto prima della divisione della penisola in due paesi. Per questo motivo possiamo oggi ammirare, seppur dalle poche immagini reperibili, il Festival di Arirang (arirang chukje, 아리랑 축제), uno spettacolo annuale organizzato nella capitale nordcoreana. In questo festival coreografie spettacolari si accompagnato a giochi di ginnastica, per questo è detto anche Arirang Mass Games. L’iconografia rappresentata in questa occasione è quella tradizionale coreana, insieme a quella del regime comunista. Negli ultimi anni è stata permessa la partecipazione tra il pubblico anche a turisti stranieri.

Le due Coree sfilano come unica delegazione sulle note di Arirang durante le Olimpiadi nel 2000.

Anche in eventi sportivi internazionali il canto di Arirang non ha mancato di rappresentare il popolo coreano. Un esempio è quello della cerimonia di apertura delle Olimpiadi estive del 2000 a Sydney dove le delegazioni di entrambe le Coree hanno sfilato sulle sue note, sventolando la bandiera dell’unificazione coreana (testimonianza video visibile qui). Ciò è successo molte altre volte, sia ufficialmente, come nelle Olimpiadi invernali del 2018 in Corea del Sud, o ufficiosamente come nei mondiali di calcio del 2002 dove l’Arirang è stato utilizzato dai tifosi come incoraggiamento per i calciatori connazionali.

L’Arirang ha accompagnato con le sue note struggenti i coreani attraverso i secoli e continuerà a farlo per i prossimi a venire, profonda espressione dell’identità di questo popolo.

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Han (한) – il dolore di un popolo

Spiegare il sentimento di han (한) non è facile, in particolar modo da straniero a straniero. Non esistono infatti parole corrispondenti in nessun altra lingua e si può solo tentare di tradurlo e renderlo comprensibile ai non-coreani.

Quello di han (한) è un profondo sentimento di risentimento, dolore, oppressione, tristezza e isolamento. In modo più pratico, si può definire come la sensazione che ci sia stata fatta un’ingiustizia. L’unicità di questo sentimento nella società coreana corrisponde con la sua pervasività. Si potrebbe dire che virtualmente ogni coreano provi han, al punto che si dice essere una caratteristica di tutto un popolo.

Dalla politica internazionale, alla famiglia, ai drama, l’han (한) regola i sentimenti, le relazioni e i comportamenti dei coreani. Si dice che possa assere attenuato e consolato, ma che non sia possibile estinguerlo. Questo perché per quanto l’han possa avere un fine immediato, si tratta di una generale insoddisfazione e senso di ingiustizia verso la vita.

Il primo a parlare di han (한) fu il controverso critico d’arte giapponese Yanagi Seotsu (柳 宗悦, 1889-1961), il quale identificò nella turbolenta storia coreana la fonte di un’inspiegabile tristezza nell’arte, sviluppando la teoria della “bellezza del dolore” (悲哀の美). Umiliata ed oppressa dagli invasori, tormentata dal proprio isolamento, la Corea avrebbe nascosto con pazienza il proprio dolore, sfogandolo in melanconiche opere artistiche di eccezionale fattura.

Per questo si è iniziato a parlare di han (한) soltanto successivamente alla colonizzazione giapponese del Novecento. Negli ultimi cento anni questo concetto si è diffuso grazie a numerosi studiosi, facendo da collante per la società coreana nel tentativo di affermare la propria identità, in reazione all’occupazione straniera. Come sappiamo, questa non è l’unico dolore sofferto da questo paese nell’ultimo secolo, il quale ha dovuto affrontare anche la vergogna della divisione, sempre per mano straniera. L’han è forse il modo che questo popolo, caratterizzato da un forte senso di collettività, ha trovato per rendere più sopportabile il dolore condividendolo, facendolo proprio e interiorizzandolo.

Ho cercato in queste poche righe di spiegare cosa sia questo singolare sentimento, non senza difficoltà. Spero di aver reso giustizia a questo delicato tema che facilmente si presta a frettolosi giudizi da parte degli stranieri. Un’ultima considerazione a riguardo. Per quanto l’han (한) possa essere una profondissima tristezza, non deve essere scambiato per una cieca depressione. Ne è infatti una componente fondamentale la speranza, sintomo dell’incredibile tenacità di tutto il popolo coreano.

Fonti e approfondimenti:

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I colori della Corea – “Obangsaek” (오방색)

Quanti di voi conoscono la parola obangsaek (오방색)?

Questo particolare vocabolo, che si può tradurre come colore delle cinque direzioni (hanja: 五方色), viene utilizzato in coreano per indicare lo spettro di colori utilizzato tradizionalmente in Corea. Le tinte che ne fanno parte sono: bianco, nero, blu, rosso e giallo.

Obangsaek (오방색) .

A questi colori sono stati attribuite nel tempo ulteriori caratteristiche. Per esempio ad ognuno di essi storicamente viene fatto corrispondere un punto cardinale e un elemento, unendo la teoria dei cinque elementi a quella dei cinque punti cardinali, entrambe di origine cinese. Penetrati profondamente nella cultura, i toni dell’obangsaek (오방색) sono stati associati anche a specifiche parti del corpo dalla medicina tradizionale. Si ha quindi questo risultato:

  • bianco – ovest – metallo – polmoni, intestino crasso
  • nero – nord – acqua – vescica, reni
  • blu – est – legno – fegato
  • rosso – sud – fuoco – cuore, intestino tenue
  • giallo – centro – terra – stomaco, milza

Dai cinque colori primari dell’ obangsaek (오방색) ne sono poi stati ricavati altri cinque secondari: verde, azzurro, rosa, sulfureo e porpora.

Da i cinque colori primari ne sono stati ricavati altri cinque secondari.

Come si può vedere della foto successive, questi colori hanno trovato molte applicazioni nell’arte, nella cucina, nell’abbigliamento tradizionale e molto altro.

Gli elementi di arte tradizionale coreana fanno uso quasi esclusivo di colori dell’obangsaek (오방색).
Il bibimbap (비빔밥), popolare piatto coreano, si dice che rispecchi l’obangsaek (오방색) .
L’hanbok (한복), l’abito tradizionale coreano, ha spesso le tinte dell’obangsek (오방색).
Anche la dancheong (단청), la decorazione tradizionale degli edifici coreani, sfrutta proprio i colori sopra descritti.

Anche la bandiera della Repubblica di Corea, detta Taegeukgi (태극기), racchiude le tonalità sopra descritte. Per maggiori informazioni vi invitiamo a leggere questo articolo a riguardo.

Taegeukgi (태극기)

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