Come leggere libri di autori coreani GRATIS!

Oggi vogliamo parlarvi di una bella opportunità che la Digital Library of Korean Literature e il Literature Translation Institute of Korea (LTI) mettono a disposizione. Prima di tutto scopriamo il sito del primo ente nominato (library.ltikorea.or.kr). Qui possiamo, attraverso la ricerca avanzata, accedere a molte informazioni sulla letteratura coreana in italiano.

Come accedere a informazioni in italiano sulla letteratura coreana dal sito della Digital Library of Korean Literature.

Effettuando questa ricerca, è possibile accedere a una lista di articoli e libri su e di autori coreani. Per ogni volume troviamo una scheda dettagliata con titolo, pagine, brevi informazioni sull’autore, trama e dove è possibile acquistarlo. A volte è possibile comprare direttamente sul sito della Digital Library, creandovi un account.

Creare un account su questo sito è fondamentale per leggere libri di autori coreani gratis. Infatti, una volta in possesso di un account della Digital Library (è possibile crearlo cliccando su Join Us in alto a destra e seguendo i passaggi), dobbiamo spostarci sul sito della LTI Korea Library, ltikr.libraryreserve.com. Una volta qui, dobbiamo accedere con le credenziali appena create sul precedente sito.

Cliccare Account o Sign In e accedere con le credenziali create nel sito della Digital Library.

Una volta effettuato l’accesso, possiamo cercare i libri che preferiamo navigando nel sito. Per trovare titoli in italiano, noi abbiamo cliccato per esempio i nuovi arrivi (Newest Additions), poi spostandoci sul menù a sinistra abbiamo selezionato lingue (Languages) e poi italiano.

Come trovare titoli in italiano.

Una volta selezionata la lingua, possiamo scegliere il libro che ci interessa per prenderlo in prestito. Sì, avete capito bene. Questo sito infatti funziona come una biblioteca virtuale dove possiamo prendere in prestito gratuitamente fino a tre titoli contemporaneamente. La pagina per completare questa operazione si presenta così:

Cliccando su Sample è possibile leggere un estratto, mentre in basso a destra possiamo vedere il numero totale di copie di cui è in possesso la biblioteca (Library copies) e quali di queste siano disponibili (Available). Infatti, come in una vera biblioteca, è possibile leggere soltanto i volumi che non siano già stati presi da qualcun altro. Cliccando su Borrow si può finalizzare l’operazione e prendere in presto gratuitamente il libro. Purtroppo la quantità di titoli in italiano è ancora molto limitata, ma la LTI si sta impegnando molto per rendere disponibili volumi in quante più lingue possibili. Per leggere il volume è necessario andare nel proprio account.

Qui vediamo un riassunto della nostra situazione sul sito. Cliccando su Read è possibile leggere il libro nel browser che stiamo utilizzando, spostandoci su Download possiamo scaricarlo, ma attenzione: in questo caso dovremmo utilizzare il software usato per il download per poterlo rendere alla biblioteca virtuale. Premendo Return Title invece lo faremo tornare sullo scaffale, pronto ad essere letto di nuovo. Qualora dovessimo scordarci di renderlo non dobbiamo preoccuparci, questo tornerà disponibile per gli altri lettori automaticamente. Nella parte destra della pagina invece possiamo vedere quanti libri abbiamo preso in prestito sui tre che ci sono concessi.

Speriamo di avervi fatto scoprire qualcosa di nuovo e che questo possa esservi utile, a presto!

Viola

Regali da esame!

Abbiamo già trattato, in questo articolo, il CSAT (College Scholastic Ability Test, in coreano 수능, suneung), ovvero il test che ogni aspirante studente universitario coreano deve sostenere per accedere alle migliori (come anche alle peggiori) università del paese. Oggi ci occuperemo dei regali che tradizionalmente vengono donati a coloro che lo stanno per sostenere!

Essendo questo esame così importante per tutta la nazione, nei mesi precedenti il suo svolgimento (di solito si tiene nel mese di novembre) si potrà leggere un po’ ovunque la scritta “합격기원” (hapgyeok kiweon) che potremmo tradurre come “auguri di ammissione“. Sotto tale scritta solitamente troviamo diversi oggetti, al nostro sguardo insoliti.

Molti prodotti vengono pubblicizzati con la frase “합격기원”, ovvero “auguri di ammissione”.

Tra i regali più comuni donati a chi sta per sostenere l’esame, elenchiamo:

Yeot (엿), ovvero un tipo di dolcetti tradizionali coreani a base di cereali, molto appiccicosi.

Confezione di Yeot su cui troviamo scritto “합격기원 엿”, ovvero “yeot augurali per l’ammissione”.

Chapssaltteok (찹쌀떡), ovvero un altro tipo di dolce coreano, fatto di riso glutinoso che può avere vari tipi di ripieno, dalla cioccolata alla pasta di fagioli rossi. Anch’essi sono appiccicosi e possono essere ricoperti di polvere di sesamo o di fagioli per renderli più maneggevoli.

Chapssaltteok (찹쌀떡).

Carta igienica, forchette, asce e specchi! Già anche questi oggetti più o meno comuni fanno parte dei regali più comuni. Ora vi starete chiedendo: perché?!

I vari oggetti sopra elencati, corredati di frasi e confezioni regalo per incoraggiare la buon riuscita dell’esame.

Il motivo per cui questi oggetti vengono regalati risiede in particolari verbi con essi e inerenti alla parola “esame”. Per essere più chiari, partiamo dai primi dolcetti di cui abbiamo parlato. Infatti, abbiamo già nominato quanto fossero appiccicosi, ecco si dà il caso che il verbo appiccicare in coreano (붙다, putta) sia usato anche anche per dire passare un esame. Per questo motivo vengono considerati di buon auspicio! Per quel che riguarda la carta igienica, abbiamo un significato forse più comprensibile ad un orecchio italiano. Infatti, svolgere un esame (시험을 풀다, sihomeul pultta), viene qui associato a svolgere nel senso di srotolare un rotolo, il quale può essere tra le altre cose di carta igienica. Per questo motivo vengono regalati spesso anche gomitoli. Gli specchi sono invece utilizzati come regali perché per dire sostenere un esame in coreano si utilizza il verbo vedere/guardare (보다, poda), azioni ovviamente collegate allo specchio. In fine, asce e forchette sono inclusi per quegli studenti che si trovano impreparati davanti ad una delle domande. Infatti, per dire tirare a caso una risposta, in Corea diremmo infilzarla o colpirla (찍다, jjikta), proprio per questo potrebbero esserci utili asce e forchette!

Anche Tube e Ryan, famosi personaggi di Kakao Friends augurano agli studenti di svolgere un buon esame, utilizzando i verbi sopra citati.

Abbiamo così svelato il perché di questi insoliti regali, se mai vi troverete in Corea nel periodo precedente al CSAT non sorprendetevi quindi di vedere cioccolatini a forma di asce o studenti che si regalano rotoli di carta igienica!

Viola

Giorni fortunati per trasferirsi!

Abbiamo già avuto un piccolo assaggio in questo articolo della superstizione coreana, della quale oggi conosceremo un altro aspetto. Se in Italia abbiamo il detto “ne di venere ne di marte, ne si sposa ne si parte”, che ci invita a non sposarci e a non partire per un viaggio ne di martedì ne di venerdì, possiamo dire che i coreani prendano molto più sul serio quali giorni evitare e quali no per attività importanti, tra le quali i traslochi.

Si hanno infatti i cosiddetti 손 없는 날 (son omneun nal, let. “giorni senza mani”), ovvero giorni fortunati diremo noi, durante i quali gli spiriti tornano nell’aldilà e non interferiscono con le attività degli esseri umani. Questa credenza si basa su tradizioni sciamaniche antichissime, sopravvissute fino ad oggi.

Come questi giorni vengano individuati dipende ancora una volta dal calendario lunisolare, adottato da numerose culture asiatiche, e che abbiamo incontrato spesso anche nei nostri articoli. I 손 없는 날 (son opneun nal) corrispondono al , 19° e 29° giorno del mese, seguendo però il sopracitato calendario. Oggi a questi giorni si affiancano anche i successivi (10°, 20° e 30°), probabilmente per comodità (pare che gli spiriti siano d’accordo).

Durante questi giorni trasferirsi costa in media il 10% in più, tanta è l’attenzione riposta dai coreani a questa pratica. Conoscere quindi quali siano questi giorni può essere molto importante sia per sfruttarne la fortuna o per evitarli, se si preferisce risparmiare giocando con la sorte. Esistono per questo numerosi siti, tra cui tutti quelli delle agenzie che si occupano di traslochi, in cui è possibile conoscerne le date precise. Qui sotto riportiamo il calendario per maggio 2020 come esempio. I giorni fortunati sono quelli colorati in arancione.

손 없는 날 (son opneun nal) per il mese di maggio 2020.

Se si vuole rimanere aggiornati sui prossimi 손 없는 날 (son opneun nal) si consiglia di consultare questo sito.

Viola

L’anno coreano ha 24 stagioni?!

Non avete letto male, in Corea ci sono 24 stagioni in un anno, per davvero! Abbiamo già visto in questo articolo come tradizionalmente in Corea venga utilizzato il cosiddetto calendario lunisolare. Diffuso anche in Cina, Giappone ed altri paesi asiatici, è questo a suddividere l’anno in 24 stagioni, o meglio sotto-stagioni. Le quattro “classiche” stagioni che conosciamo anche noi infatti sono comunque presenti. La differenza con il nostro sistema è che queste vengono suddivise in altre sei, ognuna della durata di 15 giorni. Al contrario di quanto accade in occidente quindi, tradizionalmente la vita in una grossa parte del continente asiatico non era scandita da periodi di 7 giorni.

Tornando alle nostre 24 stagioni, ognuna di esse porta un nome legato alla natura e ai suoi mutamenti tipici del periodo che rappresenta. Come si noterà l’anno comincia con la primavera (nei primi giorni di febbraio), periodi di rinascita e di nuovi inizi. Qui sotto vi riportiamo un elenco di tale divisione. Vi preghiamo di fare attenzione al fatto che le date riportate variano ogni anno di qualche giorno:

Su questa divisione dell’anno si sono basate molte attività tradizionali. In occasione dell’inizio di primavera (ipchun, 입춘), per esempio, si scrive su fogli poi appesi alle porte d’ingresso delle abitazioni la frase “입춘대길” (ipchundeghil) in caratteri cinesi, che significa “Propizio inizio di primavera”. Questa pratica ha lo scopo di portare fortuna agli abitanti nell’anno che sta per iniziare.

Durante il periodo di kyeongchip (경칩), il risveglio dopo l’inverno, tradizionalmente si costruivano nuovi edifici e si rafforzavano con nuovo fango le pareti di quelli già esistenti. Inoltre, in questo periodo gli indovini predivano se il raccolto di quell’anno sarebbe stato florido o meno.

Durante il solstizio d’inverno (dongji, 동지), ovvero quando la notte è più lunga, ancora oggi si consuma zuppa di fagioli rossi (patjuk, 팥죽). Si crede infatti che in una tale notte gli spiriti possano uscire dai luoghi in cui riposano e infestare il nostro mondo. Per contrastarli viene utilizzato in diverse occasioni il colore rosso, e questa non fa eccezione. Oggi non è più in uso, ma tradizionalmente si spalmava la zuppa di fagioli rossi anche sulle pareti delle abitazioni.

Zuppa di fagioli rossi consumata durante il solstizio d’inverno.

Queste sono solo alcune delle numerose pratiche propiziatorie portate avanti dai coreani, popolo fortemente superstizioso. Qui ci siamo soffermati solo su quelli relativi alle sopracitate stagioni, avremo modo di approfondirne altre in futuri articoli.

Viola

Fonti e approfondimenti:

  • Practical Korean, Cho Hangrok, Lee Sook, Darakwon, 2014.
  • Solar term.

Movimento del 1 Marzo – la lotta per l’indipendenza

Il Movimento del 1 Marzo è ancora oggi ricordato come uno dei primi atti di protesta contro la dominazione giapponese nonché uno dei più importanti, in quanto occasione della proclamazione della dichiarazione di indipendenza. Il suo nome in coreano deriva proprio dalla data in questione: samil undong (삼일 운동), sam=tre (삼), il=uno (일), undong=movimento (운동).

Dichiarazione di indipendenza coreana, 1 marzo 1919.

Siamo nei primi anni del 1900, la Corea è occupata dall’impero giapponese, il quale non si riserva atti brutali di repressione e violenza sul territorio coreano. Per arrivare al Movimento del 1 Marzo dobbiamo prima però considerare altri elementi. Prima di tutto nel 1917 la Rivoluzione Russa, la caduta alla fine della prima guerra mondiale dei grandi imperi europei e le parole di Wodrow Wilson alla Società delle Nazioni sull’autodeterminazione dei popoli, stanno diffondendo una speranza per un nuovo mondo in tutti i paesi oppressi da invasori stranieri, regolato da indipendenza, pace e libertà.

Il 21 gennaio 1919 poi l’imperatore coreano Gojong era morto improvvisamente, destando numerosi sospetti su un suo possibile avvelenamento. Inoltre, gli esuli coreani all’estero, in particolare a Shanghai e Tokyo, si stavano mobilitando per l’indipendenza del proprio paese, arrivando ad abbozzare velocemente alcune risoluzioni di indipendenza, riesaminate poi a Seul dagli attivisti politici locali costretti alla clandestinità. Tra questi ricordiamo l’importante ruolo delle organizzazioni religiose, che mantennero una posizione moderata e risposero, forse più velocemente di chiunque altro, ai cambiamenti politici internazionali del periodo.

I funerali dell’imperatore Gojong furono fissati per il 3 marzo 1919. Si decise quindi di agire prima di tale data, e i principali esponenti dell’indipendenza decisero per una marcia pacifica il 1 marzo 1919. Si distribuì in anticipo la dichiarazione di indipendenza, firmata da 33 esponenti della resistenza politica, per tutto il paese. Questa fu letta dagli studenti e da coloro che la redassero proprio il primo marzo 1919, presso il Parco della Pagoda (ora Tapgol Park, 탑골 공원) nella centralissima zona di Jongno (종로) a Seul e nel ristorante Taehwagwan (태화관), dove inizialmente si decise di radunarsi per evitare di incitare alla violenza.

Folla di dimostranti che assistono alla lettura della dichiarazione di indipendenza davanti alla Pagoda presso Jongno, Seul.

Finita la lettura della dichiarazione di indipendenza i firmatari si consegnarono alle autorità giapponesi mentre la folla si riversava in strada incitando all’indipendenza al grido di “Viva l’indipendenza!” (“Tongnip Manse!“, “독립만세!”). Il movimento si estese prima ad altre città del nord e successivamente a tutto il paese, continuando fino a maggio dello stesso anno, coinvolgendo 218 distretti e contando più di 1500 marce e dimostrazioni a cui parteciparono intellettuali, studenti, leader religiosi, giovani, lavoratori e semplici cittadini.

Donne in marcia per l’indipendenza.

Purtroppo la repressione giapponese fu brutale. Presi alla sprovvista, i militari e la polizia giapponesi spararono e massacrarono migliaia di protestanti. Interi villaggi furono distrutti e numerosi furono addirittura bruciati vivi, diversi furono anche i dissidenti che incontrarono la morte nelle carceri. Ad oggi è ancora difficile una stima corretta delle vittime, si parla di 7500 morti, 46000 arrestati, 16000 feriti.

Il Movimento del 1 Marzo potrebbe quindi sembrare un fallimento dal momento che non riuscì a portare all’indipendenza della Corea dal dominio giapponese. In realtà, questo divenne motivo di orgoglio per il popolo coreano, suscitando numerosi nuovi tentativi indipendentisti anche negli anni successivi. Ispirò correnti simili anche in altri paesi come in Cina, India, Filippine, Egitto, Vietnam. Questo movimento fa quindi oggi parte della cultura e della storia dei coreani che lo rivendicano gelosamente come il primo tentativo di sfuggire alla tremenda oppressione straniera.

Ancora oggi ogni primo marzo si festeggia il Giorno del Movimento di Indipendenza, ricordando la proclamazione della dichiarazione di indipendenza e le numerose vittime che si sacrificarono per il paese in quell’occasione. Durante le celebrazioni di quest’anno, il presidente coreano Moon Jaein ha ricordato la forza che 101 anni fa ispirò questo movimento, invitando i suoi cittadini a imitarne la tenacia per rispondere a questo momento di difficoltà per il paese, a causa della diffusione del virus COVID-19.

Il presidente coreano e la first lady alle celebrazioni per il 100° anniversario del Movimento di Indipendenza nel 2019.

Viola

Fonti e approfondimenti:

  • “A Review of Korean History, vol. 3, Modern Contemporary Era”, Han Young Woo, Kyeongsaewon, 2010.
  • “Storia della Corea dalle origini ai giorni nostri”, Maurizio Riotto, Bonpiani, 2014.

Taegukgi (태극기) – La bandiera della Corea

Taegukgi (태극기)

Oggi parliamo di uno dei simboli più conosciuti della Repubblica di Corea, ovvero la sua bandiera: la Taegukgi (태극기). Il bisogno di creare una bandiera nazionale seguendo la scia dei cosiddetti stati moderni avvenne, per ordine del re Gojong, nel 1882 in seguito alla ratifica del trattato Stati Uniti-Corea. Nonostante la fosse già pronta e utilizzata già dalla fine dello stesso anno, la Taegukgi venne promulgata bandiera ufficiale della Corea il 6 marzo del 1883. A causa della mancanza di precise linee guida, questa fu rappresentata negli anni in modi molto diversi da parte della popolazione, nonostante gli sforzi da parte dei governi furono numerosi. Fu così che nel gennaio del 1949 si stabilì un Comitato per la Correzione della Bandiera Nazionale che stilò precisi parametri necessari alla rappresentazione della Taegukgi per il successivo ottobre. Da allora questa ha subito solo piccole modifiche, principalmente nei colori utilizzati. Qui di seguito possiamo osservare alcune delle molte versioni utilizzate prima del 1949.

Probabilmente molti saranno curiosi del significato della particolare forma della bandiera coreana. La base da cui si è partiti per idearla deriva dal Libro dei Mutamenti, anche conosciuto come Yìjīng (易經), primo testo dei grandi classici cinesi, trattante la divinazione. Qui vengono associati dei trigrammi a diversi significati, abbinati poi al celebre simbolo del taijitu (太極圖), utilizzato nel taoismo e nel confucianesimo, in cui yin e yang si incontrano (immagine a lato).

Partendo da ciò quindi possiamo osservare l’attuale bandiera. Qui abbiamo uno sfondo bianco a significare luminosità, purezza e pace. Al centro troviamo il taeguk (태극, versione coreana del taijitu sopracitato), in posizione orizzontale. In questo la parte rossa, simboleggiante lo yang, rappresenta le forze cosmiche positive, mentre la parte blu, ovvero lo yin, quelle negative. I quattro trigrammi invece simboleggiano ognuno uno dei quattro elementi frutto del movimento e dell’armonia di queste forze: cielo, terra, acqua, fuoco. Si dice che la Taegukgi rappresenti lo spirito coreano di continua ricerca di creazione e arricchimento. Si può notare come i colori utilizzati facciano parte dell’obangsaek (오방색), che abbiamo trattato in questo articolo.

Gli elementi della Taegukgi.

Nel parlare della bandiera della Repubblica di Corea sembra necessario fare un breve accenno anche sulla bandiera dell’unificazione coreana. In questa possiamo osservare l’intera penisola in colore azzurro, includendo anche le isole di Jeju, Ulleungdo e le Rocce di Liancourt. Fu utilizzata per la prima volta nel 1991, ai campionati mondiali di ping pong a Chiba in Giappone e da allora è stata sventolata più volte in occasione di numerose manifestazioni sportive, durante le quali gli sportivi delle due Coree hanno sfilato fianco a fianco.

Bandiera dall’unificazione coreana.

Viola

Fonti e approfondimenti:

Come comportarsi con persone meritevoli di rispetto?!

Con questo articolo abbiamo intenzione di iniziare una nuova serie chiamata Così si fa in Corea, nella quale cercheremo di spiegare e mostrare curiosità della vita quotidiana nelle quali si imbattono gli stranieri che si trovano a vivere in questo per la prima volta. Come primo argomento abbiamo scelto un argomento molto importante in Corea: il rispetto per i “superiori”. Come alcuni di voi sapranno la Corea è un paese ancora fortemente confuciano (avremo modo di scrivere un articolo a riguardo) e come tale prende molto sul serio la devozione verso le persone che “hanno iniziato a fare qualcosa prima di noi“. Questo qualcosa può essere il venir assunti prima nell’azienda in cui si lavora, ma anche iniziare a studiare all’università, fino all'”aver iniziato prima a vivere”, parliamo quindi di persone più grandi di noi in termini di età. Il motivo di questo ossequio è, come prevedibile, l’idea che se si è iniziato prima a fare quella data cosa, se ne ha più esperienza e conoscenza, quindi si è meritevoli di rispetto e si è posti idealmente su un gradino più alto della scala sociale.

Per questo motivo elenchiamo qualche curioso comportamento che è bene tenere quando si ha a che fare con persone, per qualche motivo, “superiori” a noi. Come già detto, potrebbe essere il nostro capo, un professore, o semplicemente qualcuno più anziano di noi. Come prima cosa è essenziale parlare a queste persone con il dovuto riguardo, utilizzando il giusto registro formale di cui la lingua coreana è provvista. Oltre a ciò è però molto importante anche controllare il linguaggio del corpo.

Come si vede nella prima vignetta, infatti, è considerato molto maleducato incrociare le braccia davanti ad una persona meritevole di rispetto. E’ quindi bene evitarlo, mantenendo una postura se vogliamo “neutra”.

Sebbene nelle culture occidentali accavallare le gambe venga considerato un atto del tutto normale specialmente per le donne, in Corea non è così. Viene infatti giudicato come poco cortese se fatto davanti ad un “superiore” e, se a farlo è un uomo, questo può avere anche l’accezione di voler mostrare la propria mascolinità.

Un altro gesto molto curioso per chi non è familiare con la cultura coreana, è quello di dare o ricevere oggetti con due mani da persone meritevoli di rispetto. Ciò è osservabile quotidianamente anche da chi si reca in Corea per motivi di turismo. Per esempio infatti, ogni volta che ci si troverà a dover pagare in un negozio, vedremo che il commesso prenderà i nostri soldi proprio con due mani e allo stesso modo ci porgerà lo scontrino. In questo caso le persone “da rispettare” saremo proprio noi in quanto clienti. Un’alternativa più veloce, ma non meno cortese, è quella di porgere la mano destra e mettere la sinistra sotto il polso o il gomito destro. Questo è osservabile per esempio durante una stretta di mani “alla coreana”.

Stretta di mano alla coreana.

Nell’ultima vignetta possiamo osservare quello che forse è il comportamento più comprensibile anche da occhi stranieri: non fumare davanti a chi dobbiamo portare rispetto, e soprattutto non farlo se guardandolo negli occhi.

Già, perché guardare negli occhi è considerato un gesto di sfida all’autorità di chi ci sta davanti. Per questo motivo anche quando si consumano delle bevande alcoliche è sempre bene voltare la testa e “nascondere” con le mani il bicchiere (avremo modo di approfondire la cultura del bere in Corea in un altro articolo).

Non bere bevande alcoliche guardando direttamente persone “superiori” a noi.

Questi sono solo alcuni delle regole da seguire quando ci si trova in presenza di persone da rispettare. Vi rimandiamo al prossimo articolo per scoprire molte altre curiosità sul vivere in Corea!

Viola

Disegni provenienti dal libro 생활 속 한국 문화 77. No copyright infringement intended.

Seollal (설날) – Il capodanno coreano!

Forse non tutti sapranno che fino al 1896, anno di adozione del sistema gregoriano, in Corea si seguiva esclusivamente un calendario lunisolare, derivato da quello cinese. Sebbene il metodo di dividere il tempo alla maniera occidentale sia stato introdotto più di cento anni fa, le tradizioni legate al nuovo anno si collegano ancora principalmente al capodanno lunisolare, chiamato seollal (설날). Per questo, nonostante anche il capodanno solare (in coreano: sinjeong, 신정) sia festeggiato come nel resto del mondo, ci limiteremo qui a parlare del seollal.

Il seollal (설날) è celebrato alcune settimane dopo il 1 gennaio, in una data variabile tra la fine di gennaio e la prima metà di febbraio (nel 2019 è stato il 5 febbraio, mentre nel 2020 sarà il 25 gennaio). I festeggiamenti si protraggono per tre giorni, coinvolgendo anche il giorno precedente e quello seguente. Questi però sono molto diversi dalla movida dei capodanni occidentali. Questa infatti è una delle festività più importanti della cultura coreana, ma si tratta di una ricorrenza da trascorrere in famiglia.

Per questo motivo le celebrazioni del nuovo anno iniziano generalmente rendendo grazie agli antenati, per poi consumare insieme a tutti i familiari ricette tipiche di questa ricorrenza. Immancabile è la tteoguk (떡국), minestra composta da torta di riso, verdure, manzo e da un brodo limpido. Si consuma di solito anche jeon (전) frittata contenete verdure, carne, pesce, frutti di mare.

Successivamente i bambini si esibiscono nel rito del sebae (세배), inchino tradizionale al quale si prende parte indossando seolbim (vestiti usati soltanto durante il capodanno, hangul: 설빔), davanti agli anziani della famiglia. L’inchino è spesso accompagnato da una frase di augurio come “vi auguro di ricevere molta fortuna nel nuovo anno” (in coreano: saehae bok mani badeuseyo, 새해 복 많이 받으세요), alla quale gli anziani rispondono regalando ai più giovani piccole somme di denaro, avvolte in involucri di seta dalle trame tradizionali.

In questa occasione si approfitta anche per giocare a passatempi come yunnori o yut (윷놀이 o 윷), gioco da tavola durante il quale si lanciano quattro legnetti. Tradizionalmente gli uomini della famiglia si dilettano anche facendo volare aquiloni, mentre le donne si divertono con i gonggi (공기), piccole pietre colorate da far volare in aria e riacchiappare (un video dimostrativo del gioco disponibile qui).

Il capodanno coreano non è solo un’occasione per festeggiare con tutta la famiglia, ma è anche il compleanno di tutti i coreani! (eumnyeok saengil, 음력 생일). Infatti il primo giorno di ogni anno tutti i cittadini del paese “guadagnano” un anno di età, ma avremo modo di approfondire questo argomento con un articolo dedicato al particolare modo di contare gli anni in Corea.

Un’ultima curiosità riguardante il tradizionale calendario coreano: questo viene detto anche calendario Tangun (era Tangun, danggi, 단기), in quanto si fa risalire alla fondazione della Corea da parte di Tangun nel 2333 a.C., di cui abbiamo parlato in questo articolo, l’anno 1. Curiosamente dal 1945 al 1961, seppur utilizzando il metodo gregoriano, si contavano gli anni da questa data. I coreani si ritrovarono quindi a vivere tra il 4278 e il 4294!

Viola

Fonti e approfondimenti:

Arirang (아리랑) – il canto della Corea

Arirang (아리랑) è la canzone folcloristica coreana più famosa in tutto il mondo, tanto da essere considerata al pari di un inno nazionale. Si stima che ne esistano dalle 3000 alle 4000 varianti, ognuna proveniente da una regione diversa del paese. Il canto dell’Arirang unisce tutto il popolo coreano, affondando le proprie radici a ben prima della divisione della penisola. Entrambe le Coree hanno infatti richiesto ed ottenuto il riconoscimento di inserire la canzone tra i “Patrimoni orali e immateriali dell’umanità” dell’UNESCO.

La parola “arirang” (아리랑) non ha un significato preciso, nonostante le molte speculazioni sulla sua origine, nessuna è riuscita a chiarirne la provenienza. Si dice che questa parola possa essere considerata il riassunto di tutti i sentimenti coreani. Per quel che riguarda il testo della canzone, abbiamo il tipico ritornello presente in ogni versione: “Arirang, arirang, arariyo (아리랑, 아리랑, 아라리요)“, mentre il resto della canzone tende a modificarsi nelle diverse varianti. I temi trattati sono quelli della separazione, del dolore, della riconciliazione e dell’amore.

Regioni di provenienza delle tre versioni più famose di Arirang.

La variante più diffusa in Corea del Sud dal ventesimo secolo ad oggi è quella detta di Seul o di Gyeongi (gyeongi arirang, 경기아리랑). Le altre tre versioni più conosciute sono la Jindo Arirang (진도 아리랑), Jeongseon Arirang (정선 아리랑) e Millyang Arirang (밀량 아리랑), ognuna nominata secondo la regione di provenienza (visibili nella cartina). Vi invitiamo a guardarne alcune performance:

Il canto dell’Arirang è presentato orgogliosamente dal popolo coreano come un proprio biglietto da vista verso il mondo. Non è un caso che il Ministero della cultura, dello sport e del turismo abbia deciso di chiamare Arirang TV e Arirang Radio il canale televisivo e l’emittente radio governativi in lingua inglese trasmessi in 105 diversi paesi, considerati parte indispensabile della diffusione della cultura coreana nel mondo. Anche in occasioni meno ufficiali ciò non viene smentito. Infatti al KCON 2016 (più grande festival di musica k-pop fuori dalla Corea) tenutosi a Parigi, il gruppo k-pop più famoso al mondo, i BTS, si sono esibiti in una versione medley delle varianti dell’Arirang sopra descritte, aggiungendovi anche una propria originale interpretazione (performance visibile qui).

Coreografie durante il Festival di Arirang a Pyeongyang (Corea del Nord). Sullo sfondo si può leggere la parola “arirang” (아리랑).

Come già detto, questo canto è parte integrante della cultura coreana da molto prima della divisione della penisola in due paesi. Per questo motivo possiamo oggi ammirare, seppur dalle poche immagini reperibili, il Festival di Arirang (arirang chukje, 아리랑 축제), uno spettacolo annuale organizzato nella capitale nordcoreana. In questo festival coreografie spettacolari si accompagnato a giochi di ginnastica, per questo è detto anche Arirang Mass Games. L’iconografia rappresentata in questa occasione è quella tradizionale coreana, insieme a quella del regime comunista. Negli ultimi anni è stata permessa la partecipazione tra il pubblico anche a turisti stranieri.

Le due Coree sfilano come unica delegazione sulle note di Arirang durante le Olimpiadi nel 2000.

Anche in eventi sportivi internazionali il canto di Arirang non ha mancato di rappresentare il popolo coreano. Un esempio è quello della cerimonia di apertura delle Olimpiadi estive del 2000 a Sydney dove le delegazioni di entrambe le Coree hanno sfilato sulle sue note, sventolando la bandiera dell’unificazione coreana (testimonianza video visibile qui). Ciò è successo molte altre volte, sia ufficialmente, come nelle Olimpiadi invernali del 2018 in Corea del Sud, o ufficiosamente come nei mondiali di calcio del 2002 dove l’Arirang è stato utilizzato dai tifosi come incoraggiamento per i calciatori connazionali.

L’Arirang ha accompagnato con le sue note struggenti i coreani attraverso i secoli e continuerà a farlo per i prossimi a venire, profonda espressione dell’identità di questo popolo.

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Han (한) – il dolore di un popolo

Spiegare il sentimento di han (한) non è facile, in particolar modo da straniero a straniero. Non esistono infatti parole corrispondenti in nessun altra lingua e si può solo tentare di tradurlo e renderlo comprensibile ai non-coreani.

Quello di han (한) è un profondo sentimento di risentimento, dolore, oppressione, tristezza e isolamento. In modo più pratico, si può definire come la sensazione che ci sia stata fatta un’ingiustizia. L’unicità di questo sentimento nella società coreana corrisponde con la sua pervasività. Si potrebbe dire che virtualmente ogni coreano provi han, al punto che si dice essere una caratteristica di tutto un popolo.

Dalla politica internazionale, alla famiglia, ai drama, l’han (한) regola i sentimenti, le relazioni e i comportamenti dei coreani. Si dice che possa assere attenuato e consolato, ma che non sia possibile estinguerlo. Questo perché per quanto l’han possa avere un fine immediato, si tratta di una generale insoddisfazione e senso di ingiustizia verso la vita.

Il primo a parlare di han (한) fu il controverso critico d’arte giapponese Yanagi Seotsu (柳 宗悦, 1889-1961), il quale identificò nella turbolenta storia coreana la fonte di un’inspiegabile tristezza nell’arte, sviluppando la teoria della “bellezza del dolore” (悲哀の美). Umiliata ed oppressa dagli invasori, tormentata dal proprio isolamento, la Corea avrebbe nascosto con pazienza il proprio dolore, sfogandolo in melanconiche opere artistiche di eccezionale fattura.

Per questo si è iniziato a parlare di han (한) soltanto successivamente alla colonizzazione giapponese del Novecento. Negli ultimi cento anni questo concetto si è diffuso grazie a numerosi studiosi, facendo da collante per la società coreana nel tentativo di affermare la propria identità, in reazione all’occupazione straniera. Come sappiamo, questa non è l’unico dolore sofferto da questo paese nell’ultimo secolo, il quale ha dovuto affrontare anche la vergogna della divisione, sempre per mano straniera. L’han è forse il modo che questo popolo, caratterizzato da un forte senso di collettività, ha trovato per rendere più sopportabile il dolore condividendolo, facendolo proprio e interiorizzandolo.

Ho cercato in queste poche righe di spiegare cosa sia questo singolare sentimento, non senza difficoltà. Spero di aver reso giustizia a questo delicato tema che facilmente si presta a frettolosi giudizi da parte degli stranieri. Un’ultima considerazione a riguardo. Per quanto l’han (한) possa essere una profondissima tristezza, non deve essere scambiato per una cieca depressione. Ne è infatti una componente fondamentale la speranza, sintomo dell’incredibile tenacità di tutto il popolo coreano.

Fonti e approfondimenti:

Viola