Il Suneung (수능) – l’esame che coinvolge tutta la Corea

Il 14 novembre si è tenuto il Suneung (수능) di quest’anno e quindi abbiamo deciso di trattare l’argomento in questo periodo. Ma cos’è il Suneung?

Chiamato anche CSAT (College Scholastic Ability Test, in coreano abbreviato a 수능 suneung, nome completo: 대학수학능력시험), il Suneung è l‘esame per accedere alle università coreane. Questo esame viene sostenuto lo stesso giorno di novembre da tutti i giovani coreani che desiderino iscriversi ad un’università.

Giovani studenti intenti nello svolgimento del CSAT o Suneung (수능).

Fino a qui non sembrerebbe niente di insolito. In realtà questo esame ha un impatto enorme sulla vita dei ragazzi coreani e in senso esteso, su tutti i coreani. Fin da piccoli infatti ci si preparare per affrontarlo, focalizzando tutti i propri sforzi sullo studio per poter accedere a buone scuole capaci di preparare i propri alunni in funzione di questo esame. Spesso inoltre si frequentano accademie pomeridiane e serali extra all’educazione obbligatoria per portarsi avanti nei programmi e apprendere più conoscenze utili ai fini del test in questione.

Lo scopo finale di ogni giovane coreano che sostiene il CSAT è quello di totalizzare abbastanza punti da entrare in una delle tre università più prestigiose della Corea, le cosiddette SKY: Seoul National Univeristy, Korea University e Yonsei University. L’accesso in una di queste si ritiene fondamentale per poter intraprendere una buona carriera e per ottenere prestigio sociale. L’ingresso in una delle SKY è vissuto come una vera e propria opportunità di riscatto e scalata sociale, soprattutto per le famiglie meno abbienti.

Fare in modo che l’esame si svolga nel modo corretto e senza intoppi è la priorità dell’intera Corea. Si può arrivare a dire che il giorno del Suneung (수능) sia un vero e proprio evento di portata nazionale. Infatti non vengono coinvolti soltanto i giovani studenti ma l’intera popolazione. Esempi concreti che lo dimostrano sono: l’apertura posticipata di un’ora di ogni attività commerciale ed ufficio per evitare che gli esaminati trovino traffico, l’impedimento di atterraggi e decolli di voli aerei nelle vicinanze del luogo d’esame per evitare che questi ne disturbino lo svolgimento, corse dei taxi gratuite per l’intera giornata del test. Inoltre, questo evento riscuote notevole interesse da parte dei media. La notizia infatti occupa tutti i telegiornali nazionali e numerose celebrities augurano ottimi risultati ai loro fan. Vista la giovane età di molti idol, a volte sono loro a sostenere l’esame e ciò non manca di attrarre l’attenzione del grande pubblico.

Umji cantante del gruppo k-pop GFriend il giorno in cui ha sostenuto il Suneung nel 2016.

Una volta sostenuto, i voti vengono resi pubblici a livello nazionale insieme alle votazioni minime per accedere alle varie università. Se poi l’esame non dovesse essere andato bene, o non bene quanto desiderato, si può sempre riprovare l’anno dopo. E’ infatti pratica comune ripetere il CSAT più di una volta. Spesso nel periodo tra i due tentativi ci si affida ad accademie private, specializzate in questo tipo di preparazione.

Si capisce quindi la rilevanza di questo esame a livello nazionale e come mai il giorno del suo svolgimento si possano vedere amici e parenti riversati in strada a fare il tifo per i propri cari. Inoltre nei templi si possono vedere molte madri intente nella preghiera per la buona riuscita dei propri figli.

Madri in preghiera a Seul per la buona riuscita degli esami dei figli.

Ovviamente tutta questa pressione ha ricevuto e continua a ricevere numerose critiche. Si ritiene infatti che abbia un notevole peso nelle condizioni psicologiche dei giovani coreani. Tuttavia il sistema non sembra accennare ad un cambiamento e alla gioventù continuano ad essere affidate le speranze e le pressioni delle generazioni precedenti.

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Tangun (단군) e il mito della fondazione della Corea

Potrà sembrare singolare ma nella tradizione coreana non abbiamo miti sull’origine dell’universo. Troviamo piuttosto numerosi racconti sulla fondazione della nazione.

Come alcuni sapranno, la Corea, prima di diventare tale, è stata terra di fondazione di molti regni, tra i quali ricordiamo Ko Choson (고조선), Koguryo (고구려), Paekche (백제) Kaya (가야) e Silla (신라), ognuno dei quali ha sviluppato un singolare mito sulla propria nascita.

Regni nella penisola coreana.

Queste saghe venivano tramandate oralmente e solo successivamente furono finalmente messe per iscritto, andando a costituire la base delle più autorevoli fonti storiche, mescolando quindi finzione e realtà.

Il più famoso tra questi racconti è probabilmente quello che descrive la fondazione di Ko Choson (고조선), il più antico dei regni sopracitati. Lo possiamo trovare in una delle raccolte storiografiche più importanti della Corea, ovvero in “Memorie storiche dei tre regni” (in coreano: Samguk Yusa – 삼국유사).

Memorie storiche dei tre regni” (Samguk Yusa – 삼국유사).

Tale mito inizia con Hwanung (환웅), figlio del dio del Cielo Hwanin (환인), desideroso di vivere sulla terra e di insegnare agli uomini la civiltà. Il padre divino glielo concede, permettendogli di scendere sulla montagna Baitou (in coreano: Paekdu San – 백두산), e di fondare la Città di Dio (Sinsi – 신시).

Il mito parla di come Hwanung (환웅) abbia insegnato all’umanità la legge, le arti e le scienze. Per la sua grande saggezza gli si rivolgono un’orsa e una tigre, decise nel loro scopo di diventare umane. Il dio glielo concede, consegnando loro aglio e assenzio e ordinando loro di mangiare soltanto quel cibo sacro, mentre per 100 giorni si sarebbero dovute nascondere dalla luce del sole in una caverna.

Hwanung (환웅) con la tigre e l’orsa.

La tigre vìola però questo ultimo comando del dio, uscendo dalla caverna solo dopo 20 giorni. Tuttavia l’orsa riesce a portare a termine la missione e perciò viene trasformata in una donna, detta Ungnyeo (웅녀). Ungnyeo chiede di essere benedetta con un figlio, e per questo Hwanung (환웅) si unisce a lei, generando Tangun (단군), anche detto Tangun Wanggeom (단군왕검).

Tangun, da cui prende il nome questo mito, fonderà il proprio stato, chiamato appunto Choson (조선, l’aggiunta di Ko, che significa vecchio, serve oggi per distinguerlo da una dinastia omonima) e ne stabilirà la capitale nella mitica Asadal (아사달) vicina all’odierna Pyeongyang (평양), città principale della Corea del Nord. Si narra poi che Tangun abbia regnato per mille e cinquecento anni, per poi salire sui monti e mutarsi in dio della montagna.

La figura di Tangun ha attraversato i secoli fino ai giorni nostri, rappresentata in molte opere letterarie ed artistiche. Curiosamente successivamente alla crisi di fine anni ’90 si è deciso di costruire in suo onore più di 300 statue, posizionate in scuole e parchi, come incentivo all’unità nazionale e alla memoria della propria identità culturale. Sfortunatamente molte di queste statue sono state vandalizzate da fanatici cristiani e anti-Corea del Nord. Ciò non toglie che Tangun rimanga una delle figure più importanti della mitologia, e della storia, coreana.

Statua di Tangun (단군).

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Fonti e approfondimenti:

I colori della Corea – “Obangsaek” (오방색)

Quanti di voi conoscono la parola obangsaek (오방색)?

Questo particolare vocabolo, che si può tradurre come colore delle cinque direzioni (hanja: 五方色), viene utilizzato in coreano per indicare lo spettro di colori utilizzato tradizionalmente in Corea. Le tinte che ne fanno parte sono: bianco, nero, blu, rosso e giallo.

Obangsaek (오방색) .

A questi colori sono stati attribuite nel tempo ulteriori caratteristiche. Per esempio ad ognuno di essi storicamente viene fatto corrispondere un punto cardinale e un elemento, unendo la teoria dei cinque elementi a quella dei cinque punti cardinali, entrambe di origine cinese. Penetrati profondamente nella cultura, i toni dell’obangsaek (오방색) sono stati associati anche a specifiche parti del corpo dalla medicina tradizionale. Si ha quindi questo risultato:

  • bianco – ovest – metallo – polmoni, intestino crasso
  • nero – nord – acqua – vescica, reni
  • blu – est – legno – fegato
  • rosso – sud – fuoco – cuore, intestino tenue
  • giallo – centro – terra – stomaco, milza

Dai cinque colori primari dell’ obangsaek (오방색) ne sono poi stati ricavati altri cinque secondari: verde, azzurro, rosa, sulfureo e porpora.

Da i cinque colori primari ne sono stati ricavati altri cinque secondari.

Come si può vedere della foto successive, questi colori hanno trovato molte applicazioni nell’arte, nella cucina, nell’abbigliamento tradizionale e molto altro.

Gli elementi di arte tradizionale coreana fanno uso quasi esclusivo di colori dell’obangsaek (오방색).
Il bibimbap (비빔밥), popolare piatto coreano, si dice che rispecchi l’obangsaek (오방색) .
L’hanbok (한복), l’abito tradizionale coreano, ha spesso le tinte dell’obangsek (오방색).
Anche la dancheong (단청), la decorazione tradizionale degli edifici coreani, sfrutta proprio i colori sopra descritti.

Anche la bandiera della Repubblica di Corea, detta Taegeukgi (태극기), racchiude le tonalità sopra descritte. Per maggiori informazioni vi invitiamo a leggere questo articolo a riguardo.

Taegeukgi (태극기)

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Antonio Corea – Il primo coreano in Italia

“Uomo in hanbok”, Rubens, 1617 ca.

È risaputo che la Corea non abbia intrattenuto relazioni con paesi occidentali fino ad epoche recenti. Ci si potrebbe dunque chiedere chi sia stato il primo coreano ad aver messo piede in Italia. Forse oggi abbiamo una risposta a questa domanda: Antonio Corea (in coreano: 안토니오 꼬레아).

Ma chi era Antonio Corea? Si trattava probabilmente di un soldato che aveva combattuto nella Guerra di Imjin (1592-1598), dovuta ai tentativi di conquista giapponese in Corea, e che aveva perso la propria libertà a causa delle iniziali sconfitte coreane.

Per questo motivo fu probabilmente portato da schiavo a Nagasaki, dove fu comprato come tale dal mercante fiorentino Francesco Carletti (1573-1636). Fu quindi il suo nuovo padrone a battezzarlo con il suo nome italiano. Purtroppo, non sapremo mai il suo vero nome coreano.

Antonio seguì quindi il mercante per tutto il suo avventuroso viaggio per arrivare in Italia, dove probabilmente passò il resto dei suoi giorni da uomo libero, una volta che il Carletti lo lasciò andare.

Si dice che sia dovuto a lui il cognome “Corea” diffuso nel piccolo paese di Albi, in provincia di Catanzaro, dove si tramanderebbero anche alcune usanze di origine coreana. Un programma televisivo coreano è persino andato in Calabria per seguire le tracce di Antonio, rappresentato come la prima vittima dell’imperialismo giapponese, capostipite di tutti i coreani costretti a lasciare la patria.

La figura di Antonio sembra molto più popolare in Corea rispetto all’Italia, dove invece è pressoché sconosciuto. Non solo, ma in occasione dei 130 anni delle relazioni diplomatiche tra Corea e Italia nel 2014, si è tenuto un evento per commemorarlo, come primo coreano in Italia, ricordando la sua condizione di vittima dell’imperialismo giapponese. All’evento era presente anche un’associazione impegnata nell’introduzione della sua storia nei libri scolastici.

Commemorazioni di Antonio Corea per l’anniversario dei 130 anni delle relazioni Italia-Corea.

È sicuramente necessario ricordare inoltre che l’uomo ritratto dal pittore fiammingo Rubens in “Uomo in hanbok” (1617 ca., visibile all’inizio dell’articolo), pare fosse conosciuto proprio come Antonio Corea. Nonostante non ci siano sufficienti prove per dire che si tratti della stessa persona, tale ritratto continua ad essere associato alla figura di Antonio.

Il ritratto di Rubens alle commemorazioni di Antonio Corea.

Speriamo con questo articolo di avervi raccontato qualcosa di nuovo, di inaspettato e di piacevole stimolando la vostra curiosità. Crediamo che conoscersi e scoprire una storia comune, anche attraverso piccoli aneddoti, sia il primo passo verso un percorso che possa portare a instaurare più solidi e duraturi rapporti tra il nostro paese e la Corea.

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Fonti: